Weinstein e tutti gli altri – Molestie sul lavoro al di fuori dei red carpet
Weinstein e tutti gli altri – Molestie sul lavoro al di fuori dei red carpet
Partiamo da tre numeri:
8,3%
19,8%
51,8%
Provate a indovinare quale dei tre numeri rappresenta la percentuale di fumatori in Italia, quale i cittadini stranieri e quale, invece, rappresenta la percentuale di donne che hanno subito almeno una volta nella vita una molestia sessuale sul luogo di lavoro, o legata al lavoro. E siate pessimisti.
Esatto, 51,8%. Questa è la rosea percentuale definita dall’ISTAT nel suo ultimo sondaggio sul tema.
Tralasciando il fatto che il dato risalga al 2008 e sia l’ultima indagine statistica fatta sull’argomento, quello delle molestie e dei ricatti sessuali sul luogo di lavoro è un fenomeno estremamente diffuso eppure quasi sconosciuto. Se ne parla poco e, sia le vittime che i responsabili, non conoscono i propri diritti e le conseguenze di tali gesti.
Questo si è notato soprattutto nelle ultime settimane, quando il caso Weinstein prima e tutti gli altri poi, hanno letteralmente scoperchiato una cornucopia di ignoranza sul tema. Questo vale in modo particolare anche per l’italia e per tutti quei settori lavorativi lontani dai red carpet, come dimostrano i due hashtags #metoo e #quellavoltache che hanno invaso i social e hanno provato a rendere l’idea di quanto alto sia il numero di persone che hanno subito molestie nel corso della propria vita, in particolare sul luogo di lavoro.
Cosa si può definire molestia sessuale
Una delle questioni più delicate riguarda quali comportamenti rientrino nella definizione di molestie sessuali. In Italia l’articolo 26 del decreto legislativo 198/2006 (“Codice delle pari opportunità”) definisce molestie “quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”. Rosa Maria Amorevole, consigliera di parità dell’Emilia Romagna, ha provato ad elencare alcuni comportamenti da considerare molestie sessuali:
- insinuazioni e commenti equivoci sull’aspetto esteriore;
- osservazioni e barzellette che riguardano caratteristiche, comportamenti e orientamenti sessuali;
- materiale pornografico sul luogo di lavoro;
- contatti fisici indesiderati;
- avance in cambio di promesse e vantaggi;
- inviti indesiderati con un chiaro intento;
- ricatti sessuali;
- atti sessuali, coazione sessuale o violenza carnale.
Se diamo un’occhiata ai dati ISTAT, gli atti e le violenze sessuali vere e proprie non sono molto comuni, ma più diffusi sono comportamenti “sottili”, come commenti provocatori o battute squallide che sono ancora tollerati, anche se possono rendere un luogo di lavoro talmente insopportabile per una donna da farle decidere di licenziarsi. Gran parte di questi atteggiamenti, tra l’altro, accade “dietro porte chiuse” e quindi con scarsa possibilità di prova o testimoni: ciò significa che le molestie sessuali sono sorprendentemente comuni, e i molestatori raramente puniti.
Cosa si può fare?
Dopo lo scandalo hollywoodiano, una delle cose che si è sentita dire più spesso è stata il sempreverde “ma perché non ha denunciato prima?”. Delle vittime di violenza o molestia sessuale, non solo sul luogo di lavoro ma nella vita in generale, solo il 30% decide di denunciare. Nello specifico, denunciare una molestia avvenuta a lavoro, magari da parte del capo o dei colleghi è uno scoglio che molte donne non vogliono affrontare. I motivi sono molteplici: paura di isolamento, di licenziamento, paura per la propria carriera, paura di perdere il lavoro in un momento in cui non si può rinunciare allo stipendio. E molti altri.
I sindacati di recente (2016) hanno siglato l’“Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro” che cerca di delineare le possibilità a cui può far ricorso la vittima nel caso si trovasse a dover denunciare un caso di violenza o molestia nel posto di lavoro e i doveri che hanno le aziende nei loro confronti. Tra i più importanti di sicuro ci sono:
- Una maggiore consapevolezza e una formazione adeguata dei superiori e dei lavoratori e delle lavoratrici possono ridurre l’eventualità di molestie e violenza nei luoghi di lavoro.
- Interesse di tutte le parti è procedere con la necessaria discrezione per proteggere la dignità e la riservatezza di ciascuno, nessuna informazione deve essere resa nota a persone non coinvolte nel caso.
- Tutte le parti coinvolte devono essere ascoltate e trattate con correttezza e imparzialità.
- Qualora venga accertato che si sono verificate delle molestie o violenze, occorre adottare misure adeguate nei confronti di colui o coloro che le hanno poste in essere. Ciò può includere un’azione disciplinare che può comprendere il licenziamento.
- Le vittime riceveranno sostegno psicologico ed economico (spese legali) e, se necessario, verranno assistite nel processo di reinserimento.
Ci vogliono più Asia Argento al mondo, perché come ha dimostrato la sua testimonianza, basta che la prima vittima si faccia avanti per aprire la strada a tutte le altre vittime meno coraggiose. Perché sì, per denunciare ci vuole coraggio, ed è ora che la gente se ne renda conto.
Tag:RISORSE UMANE, SICUREZZA