Bartleby il rivoluzionario – Ovvero come imparare a non preoccuparsi e a dire di no
Bartleby il rivoluzionario
Ovvero come imparare a non preoccuparsi e a dire di no
“Esistono interpretazioni diverse del racconto. Direi che ogni lettore ne dà una perché in noi stessi, dentro ognuno di noi c’è sia il notaio che vuol capire tutto che Bartleby che invece rifiuta di dare anche la benché minima spiegazione. Io stesso sento dentro di me la presenza di questi due esseri che sono antinomici perfettamente.”
Daniel Pennac su Bartleby lo scrivano
Questo è un racconto che volge lo sguardo al mondo del lavoro e alle sue dinamiche; ma è evidente la sua vena simbolica, che lo rende, se non assurdo, come minimo grottesco.
Il narratore è il titolare di uno studio legale di Wall Street che, con l’ampliarsi dell’attività, decide di assumere un terzo scrivano. Risponde all’annuncio Bartleby, che esegue diligentemente il lavoro di copista, ma si rifiuta di svolgere altri compiti, sconcertando il suo principale con la risposta “preferirei di no”. Più tardi smette di lavorare del tutto, fornendo come unica spiegazione la medesima frase.
Bartleby non fa altro che ripetere il suo mantra, al che, il principale si vede costretto a licenziarlo. L’ormai ex impiegato continua ad aggirarsi nello studio, finché non viene arrestato per vagabondaggio.
Quando il narratore si reca a fargli visita in prigione, Bartleby lo accoglie con “La conosco, e non ho nulla da dirle”. Arriva al punto dove “preferisce non” mangiare, e si lascia morire di inedia.
Tanto si è scritto e si è detto riguardo al carattere sovversivo del personaggio, che compie una volontaria scelta per uscire da un meccanismo, anzi IL meccanismo, ed entrare in dinamiche estranee a tutti gli altri personaggi. Ma noi cosa possiamo imparare da Bartleby?
DECIDERE COSA FARE E COSA NON FARE
Dire sempre di sì, e accettare ogni cosa ci venga offerta o proposta, può essere controproducente in diversi modi:
- può essere una dimostrazione di incapacità di definire priorità e confini che, invece, è una competenza fondamentale per rimanere concentrati e determinati sugli obiettivi da raggiungere.
- può minare l’autostima e la sicurezza in se stessi, non dandosi la possibilità di scegliere e di poter esprimere un proprio parere rispetto a quello che viene richiesto.
- può alimentare la paura del dire di no, perché pensiamo che, dicendolo, verremo giudicati male dagli altri: poco disponibili, poco flessibili o antipatici.
SAPER DIRE DI NO: “PREFERIREI DI NO”
Il suo candido “preferirei di no” può essere un ottimo punto di partenza per affrontare in maniera costruttiva, il tema di quando, come e perché ci si possa autorizzare, nel lavoro, a dire di no ai propri capi, soci, colleghi, fornitori, clienti. Bartleby incarna al tempo stesso gli aspetti positivi e negativi del dire di no:
Bartleby è un impiegato modello che, di fronte alla richiesta di svolgere una nuova mansione, non risponde con un perentorio “no” che non lascerebbe nessuna possibilità di negoziazione, ma esprime solo una sua preferenza che potrebbe dare spazio al dialogo.
- Il secondo importante elemento è l’esplicita dichiarazione di Bartleby di libertà nel poter dire sia di sì che di no nel luogo di lavoro, cosa che è in grado di fare con assoluta calma e senza sensi di colpa o ansie.
ACCETTARE I CAMBIAMENTI
Al di là delle interpretazioni simboliche del racconto, Bartleby risulta essere un personaggio statico e assolutamente contrario al cambiamento. La flessibilità è un aspetto molto importante lavorativamente parlando e infatti il finale del racconto fa capire quanto “tragica” potrebbe esserne la mancanza (ovviamente estremizzando). Il rifiuto di Bartleby diventa assoluto e categorico, senza dar mai una motivazione della propria scelta, cosa che lo porterà alla povertà e alla morte.
Se anche Bartleby ci riconosce la possibilità di poter rifiutare delle richieste che ci vengono fatte a lavoro, questo non significa che si debba sempre rispondere di no.
In molti casi, infatti, dietro quelle richieste si possono nascondere anche delle opportunità interessanti di sviluppo professionale e di carriera che sarebbe un peccato non cogliere. Sicuramente se Bartleby avesse risposto anche di sì, il racconto sarebbe stato molto diverso ed il finale meno tragico. Ma non verrebbe ricordato come capolavoro della letteratura e, di sicuro, come una delle opere migliori di Melville.
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